Convocazione riunione GLO visibile a tutti i genitori della classe

Un recente provvedimento dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha messo in luce un caso di violazione della privacy avvenuto in un liceo italiano, a seguito della pubblicazione non autorizzata di informazioni sensibili all’interno del registro elettronico scolastico.

Secondo quanto riportato nel reclamo presentato al Garante, l’istituto avrebbe erroneamente diffuso un documento contenente dati personali riferiti a una studentessa con disabilità. Il documento, relativo alla convocazione del Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione scolastica (GLO), era destinato esclusivamente al nucleo familiare della studentessa, ma è stato caricato nella “bacheca scolastica”, risultando visibile a tutti i genitori della classe.

L’ammissione dell’Istituto e la ricostruzione dei fatti

Il dirigente scolastico ha confermato l’errore, spiegando che si è trattato di un’azione involontaria da parte di un’assistente amministrativa. L’errata pubblicazione è rimasta online per alcune ore, fino a quando l’Istituto non ha ricevuto una segnalazione tramite PEC. Dopo aver preso visione dell’anomalia, l’Istituto è intervenuto tempestivamente, rimuovendo il documento entro 55 minuti.

Sebbene il documento non contenesse dettagli clinici, il Garante ha rilevato che la semplice associazione con il PEI (Piano Educativo Individualizzato), previsto per l’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, fosse sufficiente a farlo rientrare nella categoria dei dati sanitari, quindi soggetti a tutele particolarmente stringenti.

La difesa dell’Istituto

Nel corso dell’istruttoria, l’Istituto ha fornito una memoria difensiva, riconoscendo la natura colposa dell’errore e illustrando le misure adottate per contenere gli effetti della violazione. Tra queste:

  • la tempestiva notifica dell’incidente all’Autorità Garante;
  • la formazione del personale scolastico su privacy e trattamento dei dati;
  • la modifica delle procedure interne relative alla convocazione del GLO.

Le valutazioni del Garante

L’Autorità ha ricordato che i dati sulla salute possono essere trattati solo in presenza di una base giuridica adeguata e in modo conforme ai principi di liceità, correttezza e trasparenza, sanciti dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) e dal Codice della privacy. Anche la comunicazione involontaria di tali dati all’interno di una piattaforma digitale ad accesso riservato, se non giustificata da una norma specifica, costituisce una violazione.

Ammonimento formale e assenza di sanzioni

Pur riconoscendo l’occasionalità dell’episodio, l’assenza di precedenti e la collaborazione dell’Istituto, il Garante – con provvedimento del 10 aprile 2025 – ha ritenuto la violazione comunque significativa. Ha quindi deciso di non comminare sanzioni pecuniarie, ma ha emesso un formale ammonimento nei confronti dell’Istituto, classificando l’accaduto come una violazione minore, ma che evidenzia l’importanza di un’adeguata gestione dei dati personali, soprattutto in contesti delicati come quello scolastico.

Non si può dare del “cretino” ad uno studente, neanche nei momenti di tensione: il Dirigente sanziona il docente, che fa ricorso. Ecco cosa hanno detto i giudici

Un insegnante di un istituto scolastico della provincia di Modena è stato destinatario di una sanzione disciplinare di censura per aver rivolto l’epiteto di “cretino” a uno studente. Il provvedimento era stato adottato dal dirigente scolastico, in applicazione del codice disciplinare previsto per i docenti della scuola pubblica.

Il ricorso in Cassazione

Ritenendo ingiusta la misura, il docente aveva deciso di ricorrere alla Corte di Cassazione, contestando la valutazione del giudice di primo grado. A suo dire, la decisione sarebbe stata influenzata anche da presunti altri insulti – mai effettivamente pronunciati – che avrebbero aggravato la sua posizione disciplinare.

Tuttavia, come rilevato dalla Corte d’Appello, l’unico comportamento sanzionato è stato proprio l’utilizzo del termine “cretino”, fatto confermato dallo stesso insegnante nel corso del procedimento.

La posizione della Cassazione

Con l’ordinanza civile n. 17064 del 2025 (Sez. Lavoro), la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendolo inammissibile, e ha confermato la legittimità della sanzione disciplinare. I giudici hanno ritenuto che l’uso di un’espressione offensiva nei confronti di uno studente rappresenti una violazione dei doveri professionali e del ruolo educativo del docente.

Secondo la Corte, le circostanze che hanno portato alla reazione dell’insegnante non giustificano il comportamento: anche in situazioni di tensione, chi insegna è tenuto a mantenere un atteggiamento rispettoso nei confronti degli alunni.

Decisione definitiva

La Cassazione ha quindi chiuso il caso, ribadendo che la sanzione è proporzionata e che l’episodio non può essere riesaminato in sede di legittimità. Una decisione che riafferma l’importanza del rispetto nei rapporti tra docenti e studenti, e del ruolo formativo ed esemplare dell’insegnamento.

fonte: orizzonte scuola

Chi è Responsabile per i Danni Causati da un Alunno con Disabilità Affidato alla Scuola? Famiglia, Scuola o Assicurazione?

Nel contesto scolastico, può accadere che un alunno con disabilità, durante l’orario scolastico, provochi involontariamente danni a cose o persone: compagni, insegnanti, strutture scolastiche. In questi casi, sorge spontanea la domanda: chi è responsabile civilmente dei danni? La famiglia o la scuola?

Il Riferimento Normativo: Art. 2047 del Codice Civile

La risposta a questo quesito si trova nell’articolo 2047 del Codice Civile, che disciplina la responsabilità dei minori incapaci di intendere e di volere.

Art. 2047. 
 
                  (Danno cagionato dall'incapace). 
 
  In caso di danno cagionato da persona incapace di  intendere  o  di volere, il risarcimento e' dovuto da chi e' tenuto alla  sorveglianza dell'incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto. 
 
  Nel caso in  cui  il  danneggiato  non  abbia  potuto  ottenere  il risarcimento da chi e'  tenuto  alla  sorveglianza,  il  giudice,  in considerazione  delle  condizioni  economiche   delle   parti, puo' condannare l'autore del danno a un'equa indennita'.

Questo significa che la responsabilità civile non grava automaticamente sui genitori (che in quel momento non erano a scuola, e non avrebbero potuto evitare il fatto), ma su coloro cui l’alunno è affidato nel momento in cui si verifica l’evento dannoso.

Nel contesto scolastico, durante l’orario scolastico e nelle attività organizzate dalla scuola, la responsabilità è in capo alla scuola stessa, rappresentata dagli insegnanti e dal personale educativo. Sono loro ad avere il dovere di vigilanza sull’alunno.

Il Ruolo dell’Assicurazione

Le scuole, generalmente, stipulano polizze assicurative per tutelarsi da danni causati o subiti da studenti e personale scolastico.

Queste coperture assicurative entrano in gioco proprio in casi come questo, sia per indennizzare le vittime del danno, sia per tutelare l’alunno autore involontario.

L’intervento dell’assicurazione può avvenire:

  • per risarcire terzi danneggiati (compagni, insegnanti, materiali)
  • per coprire le spese legali o mediche collegate all’incidente

La  scuola può obbligare le famiglie di ragazzi con problemi comportamentali, a sottoscrivere una assicurazione aggiuntiva a quella classica della scuola,  per affrontare le eventuali spese, causate da scatti d’ira del proprio figlio?

 

Mutismo selettivo: cos’è davvero questo disturbo di cui si sente tanto parlare?

Negli ultimi anni se ne sente parlare sempre più spesso, ma che cos’è davvero il mutismo selettivo? È una domanda che molti genitori, insegnanti e operatori dell’infanzia si pongono, soprattutto quando si trovano di fronte a bambini che, pur parlando normalmente a casa, sembrano “chiudersi” in altri contesti.

Cos’è il mutismo selettivo?

Il mutismo selettivo è un disturbo d’ansia dell’infanzia, riconosciuto nei principali manuali diagnostici (come il DSM-5), che si manifesta con una persistente incapacità di parlare in determinati contesti sociali, nonostante il bambino sia perfettamente in grado di farlo in altri ambienti.
Il termine “selettivo” indica proprio questa particolarità: il bambino non è muto in assoluto, ma seleziona involontariamente le situazioni o le persone con cui riesce a parlare.

💬 In genere, il bambino comunica normalmente con i familiari, ma rimane in silenzio a scuola, con adulti non familiari o in altri contesti sociali. Non si tratta di un capriccio o di un semplice tratto di timidezza: dietro questo silenzio c’è un’ansia molto forte, spesso legata al giudizio altrui o alla paura di esporsi.


Non è un problema neurologico

È fondamentale chiarire che il mutismo selettivo non dipende da deficit cognitivi, neurologici o sensoriali (come nel caso dei disturbi afasici). La difficoltà a comunicare è il diretto risultato dell’ansia sociale, non di una mancanza di capacità linguistica.

In effetti, molti bambini con mutismo selettivo hanno un linguaggio adeguato o addirittura avanzato, e riescono ad esprimersi pienamente in ambienti percepiti come sicuri.


Quando compare?

I primi segnali possono emergere già tra i 2 e i 3 anni, sotto forma di timidezza marcata, ritiro sociale, evitamento del contatto visivo o apparente “paura” di parlare con persone nuove. Tuttavia, il mutismo selettivo viene spesso identificato prima dei 5 anni, nel momento in cui il bambino inizia a frequentare la scuola dell’infanzia e viene esposto per la prima volta a situazioni sociali che richiedono espressione verbale.


Campanelli d’allarme

Ecco alcuni segnali che potrebbero indicare la presenza del mutismo selettivo:

  • Parla normalmente in casa, ma rimane in silenzio a scuola o in luoghi pubblici.
  • Risponde a gesti, scrive o annuisce, ma non usa la voce.
  • Evita il contatto con coetanei o adulti, soprattutto se viene invitato a parlare.
  • Presenta sintomi fisici (mal di pancia, nausea, tremori) prima di entrare in contesti sociali.

 Cosa fare?

Il mutismo selettivo richiede un intervento precoce e specialistico. Ignorare il problema o sperare che “passi da solo” può portare a un peggioramento, con conseguenze sull’autostima e sulle capacità sociali del bambino.

Il trattamento può includere:

  • Psicoterapia cognitivo-comportamentale per aiutare il bambino a gestire l’ansia.
  • Intervento congiunto tra psicologo, insegnanti e genitori per creare un ambiente supportivo.
  • Tecniche di esposizione graduale alla comunicazione in contesti sociali.
  • Supporto emotivo e strategie non punitive per evitare di aumentare la pressione.

In sintesi

Il mutismo selettivo non è una scelta, ma un segnale di disagio emotivo. Dietro quel silenzio si nasconde un mondo interiore ricco, che ha bisogno di essere accolto, compreso e sostenuto.

Riconoscerlo per tempo e intervenire con delicatezza può fare davvero la differenza nel percorso di crescita di un bambino.

I contenuti di questo articolo sono presentati in modo generale e semplice. Per approfondimenti o informazioni specifiche, è consigliabile consultare siti specializzati o rivolgersi a professionisti del settore.

 

Nota MIM 2025 sulle prove equipollenti

Con la recente nota, il Ministero dell’Istruzione torna purtroppo a utilizzare il termine “differenziato” come sinonimo di “diverso” o “alternativo”, riproponendo un’imprecisione già presente nel D.Lgs. 62/2017.

Nota MIM 23420 del 2025 -Prove-equipollenti

In questo modo viene vanificato lo sforzo compiuto dal D.I. 182/2020, che aveva cercato di portare maggiore coerenza nel lessico adottato, riservando il termine “percorso differenziato” esclusivamente ai percorsi che non conducono al rilascio del titolo di studio.

Inoltre, la nota perde l’occasione di chiarire alcuni aspetti ancora poco definiti, in particolare il ruolo della commissione d’esame nella predisposizione delle prove equipollenti. Non viene infatti esplicitato se sia possibile predisporle prima dell’esame, anziché attendere esclusivamente le prove predisposte a livello ministeriale.

A pagina 1, si legge che:

«La commissione/classe, sulla base della documentazione fornita dal consiglio di classe relativa alle attività svolte, alle valutazioni effettuate e all’assistenza prevista per l’autonomia e la comunicazione, predispone una o più prove differenziate, in linea con gli interventi educativo-didattici attuati sulla base del PEI e con le modalità di valutazione in esso previste».

A pagina 2, si precisa che tali prove devono comunque permettere di verificare che lo studente abbia raggiunto una preparazione culturale e professionale idonea al rilascio del diploma.

Infine, la nota afferma che le prove potranno contemplare anche una riformulazione delle consegne per renderle più accessibili al candidato, purché ciò non comprometta la possibilità di dimostrare le competenze acquisite.

Tuttavia, tale intervento sembra essere previsto soltanto in sede d’esame, il che potrebbe generare ulteriori incertezze operative tra i docenti, poiché l’espressione “potranno contemplare” lascia aperte diverse interpretazioni e non fornisce indicazioni chiare sulle tempistiche e modalità di intervento.

In sintesi, la nota introduce elementi ambigui e ripropone un uso impreciso del linguaggio tecnico, rischiando di creare confusione tra gli operatori scolastici proprio in un ambito in cui sarebbero auspicabili chiarezza e coerenza terminologica.

 

Sito di Supporto allo studio per tutti gli studenti in modo particolare Bambini e Ragazzi con BES