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ABA e CAA: cosa sono, a cosa servono e quando usarle

Quando un bambino ha difficoltà nel comunicare, nel comportarsi in modo adeguato o nell’imparare nuove abilità, può essere utile attivare degli interventi specifici. Due tra i più utilizzati e riconosciuti sono ABA (Analisi Comportamentale Applicata) e CAA (Comunicazione Aumentativa e Alternativa).

Anche se diverse tra loro, queste due terapie hanno un obiettivo comune: aiutare il bambino a crescere, comunicare e partecipare alla vita quotidiana in modo più sereno e autonomo.

Cos’è la terapia ABA

ABA è l’acronimo di Applied Behavior Analysis, ovvero Analisi Comportamentale Applicata.

È un metodo scientifico basato sui principi dell’apprendimento comportamentale. L’obiettivo dell’ABA è quello di insegnare abilità utili e ridurre comportamenti problematici, attraverso l’osservazione sistematica e l’uso di rinforzi positivi.

È particolarmente indicata per bambini e ragazzi con disturbo dello spettro autistico, ma può essere utile anche in presenza di altri disturbi del comportamento o ritardi cognitivi.

L’efficacia dell’ABA è supportata da numerose ricerche scientifiche.

Serve per insegnare nuove abilità e ridurre comportamenti inadeguati (ad esempio: urla, crisi, gesti ripetitivi).

Come funziona?

Questa terapia viene strutturata su misura per ogni individuo e prevede attività che aiutano a sviluppare competenze in ambiti come:

  • comunicazione,
  • autonomia personale,
  • abilità sociali,
  • gioco e interazione.
Gli esercizi sono spesso sotto forma di gioco.

Esempio pratico: Se un bambino lancia oggetti per ottenere attenzione, con ABA si lavora per insegnargli un modo più funzionale di chiedere attenzione, ad esempio toccando il braccio dell’adulto o dicendo “Gioca con me”.

Cos’è la CAA

CAA sta per Comunicazione Aumentativa e Alternativa.

Si tratta di un insieme di strategie, tecniche e strumenti pensati per supportare o sostituire il linguaggio verbale nelle persone che hanno difficoltà a comunicare in modo efficace.

La CAA non si propone di “curare” o “sostituire” il linguaggio verbale, ma di aumentare le possibilità comunicative della persona, favorendo l’autonomia e la partecipazione sociale.

È indicata per bambini e adulti con gravi difficoltà comunicative, come autismo, paralisi cerebrale, disabilità intellettiva, disturbi motori o neurologici.

Quali strumenti usa?

  • supporti visivi (immagini, simboli, tabelle),
  • comunicazione gestuale (come il linguaggio dei segni),
  • strumenti tecnologici (comunicatori elettronici, tablet con app dedicate).

Esempio pratico:
Un bambino non riesce a dire “acqua”, ma usando una tabella con le immagini può indicare il simbolo dell’acqua. In questo modo può farsi capire e riduce frustrazione e crisi.

🔍 Differenze tra ABA e CAA

Aspetto ABA CAA
Finalità Insegna comportamenti utili e riduce quelli problematici Aiuta a comunicare, con o senza linguaggio verbale
Metodo Interventi strutturati, rinforzo positivo, osservazione sistematica Si basa su supporti visivi, gesti o strumenti elettronici
A chi si rivolge Persone con autismo o disturbi comportamentali Persone con difficoltà comunicative gravi
Obiettivo principale Apprendimento di comportamenti adattivi e riduzione di quelli disfunzionali Espressione di bisogni, emozioni, pensieri

 

🧒 Quando usarle e con quali bambini

  • ABA è consigliata quando il bambino ha difficoltà comportamentali o di apprendimento, in particolare nei casi di disturbo dello spettro autistico.
  • CAA è utile quando il bambino non parla o ha grandi difficoltà nel farsi capire, indipendentemente dalla diagnosi.

🤝 Si possono usare insieme?

Sì, spesso l’approccio più efficace è integrare ABA e CAA.

Ad esempio, un terapista ABA può insegnare al bambino ad usare una tabella CAA per esprimersi. Questo migliora la comunicazione e riduce i comportamenti problematici legati alla frustrazione.


📌 In sintesi

  • ABA aiuta il bambino a imparare comportamenti positivi.
  • CAA lo aiuta a comunicare, anche senza parole.
  • Usarle insieme può fare la differenza.

🔔 Se pensi che tuo figlio possa beneficiare di uno di questi approcci, parlane con un neuropsichiatra infantile, un terapista della neuro e psicomotricità, o uno psicologo esperto in disturbi del neurosviluppo. Una valutazione precoce è il primo passo verso un percorso di crescita positivo.


➡️ Chi prepara il docente di sostegno al metodo ABA?

È importante chiarire un punto fondamentale: il docente di sostegno non è automaticamente formato nel metodo ABA, a meno che non scelga volontariamente di intraprendere un percorso specifico per diventare Tecnico del Comportamento Certificato. 

Il ruolo dell’insegnante non è quello di applicare il trattamento ABA, né tantomeno di sostituirsi al terapista. Il compito principale dell’insegnante, inclusi i docenti di sostegno, è la gestione della didattica. Il terapista ABA o l’analista del comportamento, invece, è il professionista responsabile dell’intervento comportamentale sul bambino. Questo professionista, conoscendo in modo approfondito il profilo clinico dell’alunno, collabora con l’insegnante condividendo strategie pratiche per affrontare e gestire comportamenti disfunzionali all’interno del contesto scolastico.

Facciamo un esempio per chiarire meglio: se un bambino, durante l’ora di matematica, strappa i quaderni, urla, si alza e scappa dall’aula, l’insegnante – che è focalizzato sulla didattica – può confrontarsi con l’analista del comportamento.

Quest’ultimo fornirà indicazioni e strategie specifiche da applicare in quella situazione, come l’uso di un timer, l’introduzione di un sistema di rinforzo, o la gestione dei tempi in funzione delle caratteristiche individuali del bambino.

È proprio da questa sinergia tra insegnante e professionista ABA che nasce una collaborazione efficace, sempre orientata al benessere e alla crescita dell’alunno.

I contenuti di questo articolo sono presentati in modo generale e semplice. Per approfondimenti o informazioni specifiche, è consigliabile consultare siti specializzati o rivolgersi a professionisti del settore.

 

Campi estivi per bambini con disabilità

Molto spesso i bambini con disabilità vengono esclusi dai centri estivi a causa dei costi elevati legati alla presenza di operatori specializzati che dovrebbero affiancarli.

Questi costi risultano onerosi sia per le famiglie sia per le strutture, soprattutto nei centri privati.

Tuttavia, la situazione è diversa nei centri estivi pubblici (comunali), dove valgono regole differenti.

Nei centri estivi comunali, i bambini con disabilità non devono essere inseriti nelle graduatorie ordinarie. Al contrario, devono essere accolti con priorità, al di fuori delle graduatorie.

Questo principio è sancito dal comma 3 dell’articolo 3 della Legge 104/1992, che stabilisce:

“Qualora la compromissione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, il sostegno è intensivo e determina priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.

Quindi concludendo essendo il centro estivo comunale un servizio pubblico, i bambini riconosciuti ai sensi del comma 3 dell’art. 3 della L. 104/92 hanno diritto a un accesso prioritario, indipendentemente dalla graduatoria.

 

 

Il trasporto scolastico per gli alunni con disabilità

Il trasporto scolatisco degli alunni con disabilità è gratuito in conformità con l’art. 28, comma 1, legge n. 118/1971 e con il principio del divieto di discriminazione di cui agli articoli 21 Carta dei diritti fondamentali UE e dell’articolo 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Peraltro va segnalato il Parere n. 403/2021 del 15 marzo 2021 del Consiglio di Stato che ha ribadito per l’ennesima volta la gratuità del trasporto scolastico e il diritto alla sua attivazione.

Il trasporto scolastico va garantito anche in zone dove il bus in quel momento storico non passa.

ATTENZIONE: Se i bambini/ragazzi deambulano normalmente ugualmente non si paga.

Per lo studente con disabilità prendere lo stesso veicolo di tutti i suoi compagni è un momento di socializzazione che va gelosamente difeso.

Il trasporto scolastico: competenze, obblighi, gratuità

Docenti di sostegno denunciano: “Inaccettabile negare il nostro supporto agli alunni durante le verifiche

Fonte: Orizzonte scuola

Il Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno interviene con fermezza sulla questione del supporto durante le verifiche scolastiche. Giuseppe Argiolas, Presidente Nazionale del CIIS, in una nota, denuncia come la negazione dell’attività di supporto dei docenti di sostegno durante le verifiche orali, scritte e pratiche rappresenti una grave violazione dei principi di inclusione scolastica.

“La presa in carico degli alunni del gruppo classe da parte dei docenti di sostegno costituisce un aspetto fondamentale ed inderogabile per la piena attività d’inclusione e d’integrazione”, afferma Argiolas, richiamando i principi costituzionali.

Il valore sociale dell’insegnante di sostegno secondo la giurisprudenza

Il Presidente del CIIS ricorda quanto stabilito dal Consiglio di Stato nella sentenza n° 2023/2017, evidenziando che “l’attività degli insegnanti di sostegno comporta evidenti vantaggi non solo per i disabili, ma anche per le famiglie e per la società nel suo complesso”. L’inserimento e l’integrazione nella scuola con l’ausilio dell’insegnante di sostegno evitano la segregazione e l’isolamento, riducendo oneri umani ed economici potenzialmente insostenibili per le famiglie e favorendo il recupero e la socializzazione degli studenti con disabilità.

Competenze condivise e responsabilità collegiale

Argiolas sottolinea con decisione che “il docente su posto comune non può in alcun modo sostenere la tesi dell’esclusiva competenza in ordine alla programmazione didattica-educativa, alla verifica degli obiettivi inseriti nel PEI e alla valutazione delle competenze”. Richiamando la sentenza n° 585/2018 del Consiglio di Stato, ribadisce che l’assegnazione di un insegnante di sostegno costituisce un diritto soggettivo dell’alunno con disabilità, da calibrare sulle specifiche difficoltà di apprendimento.

Il Presidente conclude evidenziando come le linee d’indirizzo dei dirigenti scolastici debbano necessariamente confermare la piena condivisione delle attività programmatiche previste nel PTOF, rispettando le norme a tutela delle persone con disabilità. “La formazione continua del personale docente risulta essere funzionale alla piena riuscita del progetto di vita di tutti gli alunni“, conclude Argiolas, sottolineando l’importanza di un approccio sistemico all’inclusione scolastica.

Avviso per i genitori con figli con disabilità

In base all’art.  4 comma 3 del DL 182 del  2020 (modificato dal DL 153 del 2023)  è compito del GLO finale (da farsi entro il mese di giugno) indicare quante ore di sostegno sono necessarie per l’anno seguente  «formulare le proposte relative al fabbisogno di risorse professionali e per l’assistenza per l’anno successivo.»

So però che diverse USR (ufficio scalastico regionale) hanno però chiesto formalmente, per esigenze amministrative, di anticipare queste procedure di qualche mese per cui di fatto la decisione viene presa nel GLO intermedio.

Quindi genitori informatevi se anche nella vostra regione c’è questa esigenza/richiesta, i GLO intermedi si stanno facendo ora.