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Se a causa della lentezza della burocrazia di ASL e INPS la certificazione di disabilità tarda ad arrivare, cosa fare?

La scuola può  sollecitare gli specialisti ASL,  e intanto  avvalersi della normativa sui BES e redigere un PDP, con tutti gli accorgimenti del caso, con il consenso dei genitori.

Può comunque mettere in atto tutte le forme di adattamento che ritiene necessarie per aiutare e sostenere gli alunni (del resto si apprende solo ciò che si può) in attesa di una diagnosi più precisa sui bisogni.

La normativa italiana, in particolare la Circolare MIUR sui BES n 8 del 6-3-2013  , sottolinea l’importanza di adottare strumenti compensativi e misure dispensative anche in presenza di una semplice segnalazione, al fine di non penalizzare lo studente in attesa della diagnosi ufficiale.

In pratica, la scuola può (e dovrebbe) elaborare un PDP (Piano Didattico Personalizzato) provvisorio, aggiornandolo ee trasformandolo in un PEI  una volta ricevuta tutta la documentazione necessaria.

Questo permette allo studente di affrontare l’anno scolastico con il supporto necessario e con valutazioni più eque, anche in fase di scrutinio finale.

Se lo studente ha una disagnosi privata, ma la scuola come da normativa attende che questa sia convalidata dall’ASL, cosa fare nel frattempo?

La scuola non può ignorare una diagnosi redatta da uno specialista anche se privato, deve farsene carico fin dal primo giorno, non è obbligatorio il PDP , in questi casi (normativa BES), ma l’utilizzo di strategie utili a supportare lo studente è dovuto.

La certificazione di DSA arriva quasi a fine anno scolastico, che succede?

Purtroppo, a causa delle lungaggini burocratiche, i vari servizi ASL spesso impiegano molto tempo nel consegnare una certificazione di DSA.

Quindi, cosa succede allo studente se la certificazione arriva a marzo, aprile o addirittura a maggio?

In questi casi, lo studente ha comunque diritto a essere tutelato. Anche se la certificazione formale viene rilasciata in ritardo, è possibile attivare fin da subito misure di supporto basate sulla segnalazione del sospetto DSA. Questa può essere fatta dalla scuola oppure da un professionista privato che ha già svolto una valutazione, anche se non ancora formalmente riconosciuta.

La normativa italiana, in particolare la Circolare MIUR sui BES n 8 del 6-3-2013  , sottolinea l’importanza di adottare strumenti compensativi e misure dispensative anche in presenza di una semplice segnalazione, al fine di non penalizzare lo studente in attesa della diagnosi ufficiale.

In pratica, la scuola può (e dovrebbe) elaborare un PDP (Piano Didattico Personalizzato) provvisorio, aggiornandolo una volta ricevuta la certificazione.

Questo permette allo studente di affrontare l’anno scolastico con il supporto necessario e con valutazioni più eque, anche in fase di scrutinio finale.

Inoltre, è bene sapere che le certificazioni rilasciate in corso d’anno scolastico sono valide fin da subito, e la scuola è tenuta ad attivare tempestivamente gli strumenti previsti. Non è necessario attendere l’anno scolastico successivo per avere accesso alle misure di supporto.

Infine, è importante che le famiglie mantengano un dialogo aperto con la scuola, condividendo tempestivamente le tappe della valutazione e ogni documento utile, anche se parziale, in modo da facilitare l’attivazione delle misure necessarie.

NEGLI ANNI TERMINALI DI CIASCUN CICLO

LA CM  8 del 06/03/2013 a pag. 3 dice:

. “Negli anni terminali di ciascun ciclo scolastico, in ragione degli adempimenti connessi agli esami di Stato, le certificazioni dovranno essere presentate entro il termine del 31 marzo, come  previsto all’art.1 dell’Accordo sancito in Conferenza Stato-Regioni sulle certificazioni per i DSA”(R.A. n. 140 del 25 luglio 2012). “

 

Suggerimenti su come condividere il PEI nel rispetto della privacy dei dati sensibili

La condivisione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) tra tutti i membri del Gruppo di Lavoro Operativo (GLO) è fondamentale per garantire un intervento educativo e didattico efficace e coerente. Tuttavia, è altrettanto importante assicurarsi che tale condivisione avvenga nel pieno rispetto delle normative sulla privacy, in particolare in relazione ai dati sensibili dello studente.

Per conciliare questi due aspetti, la scuola può adottare le seguenti modalità operative:

  1. Oscuramento dei dati sensibili non necessari
    Nella condivisione del PEI, devono essere riportate solo le informazioni strettamente funzionali agli obiettivi educativi. Dati sanitari o altre informazioni particolarmente delicate possono essere oscurati, evitando dettagli superflui che non siano utili ai fini educativi.
  2. Utilizzo del registro elettronico
    Il PEI può essere caricato all’interno del registro elettronico, nella sezione riservata esclusivamente a chi ha diritto a vederli (membro del GLO), magari nella parte riservata alla famiglia dello studente. Questo strumento, già conforme ai criteri di sicurezza e protezione dei dati, permette una diffusione controllata e tracciabile del documento.
  3. Condivisione tramite Google Drive con account istituzionali
    Un’ulteriore modalità di condivisione può essere l’utilizzo di una cartella su Google Drive, protetta da accesso selettivo. L’accesso sarà consentito unicamente agli indirizzi email istituzionali dei componenti del GLO, garantendo così che solo persone autorizzate possano visualizzare e/o modificare il documento. È essenziale che gli account utilizzati siano forniti e gestiti dall’istituzione scolastica, per assicurare la tracciabilità e la sicurezza dei dati.
  4. Piattaforma SIDI Quando entrerà in funzione il PEI in formato digitale sarà accessibile a tutti i componenti del GLO (DIgs 182/20 art. 4 c. 10) ma non sarà stampabile.

Attraverso queste modalità, la scuola può garantire una collaborazione efficace tra tutti i membri del GLO, senza compromettere la riservatezza delle informazioni personali dello studente, in piena conformità con il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) e le linee guida del Ministero dell’Istruzione.

Il diritto ad avere pieno accesso al PEI COMPLETO (senza dati oscurati) è solo dei genitori o tutori legali

I genitori/tutori degli studenti minorenni – in quanto tutori dei loro dati personali e sensibili – sono gli unici membri del GLO ad avere diritto a consultare l’intero contenuto del PEI senza limitazioni o oscuramenti. A loro spetta il pieno accesso al documento completo, come previsto dalla normativa vigente in materia di protezione dei dati personali.

 

ADHD nei bambini: comprendere, intervenire, includere

Cos’è l’ADHD?

L’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività) è un disturbo del neurosviluppo che si manifesta in età infantile con sintomi come difficoltà a concentrarsi, impulsività e iperattività.

Non è una “cattiva educazione” né un problema di volontà: è una condizione neurologica riconosciuta che influisce sul comportamento e sull’apprendimento del bambino.


A casa e a scuola: due ambienti, sfide diverse

A casa, i genitori si trovano spesso a gestire comportamenti difficili come agitazione continua, difficoltà a portare a termine anche compiti semplici, o esplosioni di rabbia improvvise. La familiarità dell’ambiente e la minore struttura rispetto alla scuola possono far emergere di più l’iperattività e le reazioni impulsive.

A scuola, invece, il bambino con ADHD può faticare a seguire le regole, rimanere seduto, rispettare i turni e completare le attività. Questo può portare a difficoltà di apprendimento e di relazione con insegnanti e compagni. L’ambiente scolastico, però, offre anche opportunità di strutturazione, routine e supporto educativo mirato.


ADHD e autismo: una relazione possibile

ADHD e autismo sono due disturbi distinti, ma possono coesistere. Un bambino può avere entrambe le diagnosi. L’ADHD riguarda più l’attenzione e l’impulsività, mentre l’autismo coinvolge difficoltà nella comunicazione sociale, interessi ristretti e comportamenti ripetitivi. Quando coesistono, è fondamentale un approccio integrato per aiutare il bambino a sviluppare le proprie capacità.


Scatti di rabbia: cosa c’è dietro e cosa fare

Alcuni bambini con ADHD possono avere episodi di rabbia intensa e improvvisa, spesso legati alla frustrazione, all’incapacità di gestire le emozioni o alla fatica di controllarsi. Non si tratta di “capricci”, ma di vere difficoltà emotive.

La rabbia è una delle manifestazioni più visibili nelle persone con ADHD.

Forse perché è difficile da gestire, forse perché è difficile da comprendere. Spesso è anche l’aspetto che può ferire di più, sia chi la prova, sia chi le sta vicino.

Alla base di questi scatti d’ira c’è spesso una difficoltà di autoregolazione emotiva, conosciuta anche come disregolazione emotiva. Le emozioni vengono vissute in modo più intenso, e gli stimoli esterni possono essere percepiti come travolgenti.

Come vive tutto questo una persona con ADHD?

Dietro una reazione apparentemente sproporzionata possono esserci molteplici fattori, tra cui:

  • Sovraccarico sensoriale
  • Stanchezza
  • Stress
  • Mancanza di sonno
  • Agitazione interna
  • Frustrazione
  • Ambiente disorganizzato o poco adatto
  • Senso di inadeguatezza
  • Ansia

Chi ha l’ADHD spesso fatica a riconoscere i propri limiti. Continua ad andare avanti, a insistere, anche quando le energie sono esaurite. Questo porta a un aumento dell’irritabilità, della suscettibilità e a reazioni che possono sembrare sproporzionate rispetto al contesto, fino a sfociare in episodi di rabbia per motivi che dall’esterno appaiono “banali”.

Per chi vive con l’ADHD, queste reazioni non sono semplicemente “scatti d’ira”, ma possono avere un impatto emotivo molto forte e lasciarli con un senso di colpa, frustrazione o incomprensione.

Anche le persone vicine possono faticare a capire.

Tuttavia, è importante ricordare che dietro ogni esplosione c’è una causa. Cercare di riconoscerla, senza giudicare e senza alimentare il conflitto, può fare la differenza. Evitare lo scontro diretto e rimandare la discussione a un momento più sereno può aiutare a gestire la situazione in modo più equilibrato.

In sintesi, comprendere che la rabbia nell’ADHD non è un capriccio, ma un segnale, è il primo passo verso una relazione più empatica e funzionale — con gli altri, ma soprattutto con sé stessi. 

Cosa si può fare:

🔹 A casa:
  • Mantenere una routine prevedibile.
  • Usare un linguaggio semplice e diretto.
  • Aiutare il bambino a riconoscere le emozioni (es. con disegni, carte delle emozioni).
  • Offrire pause e spazi sicuri quando è agitato.
  • Ricorrere, se necessario, al supporto di uno specialista e seguire le sue direttive
🔹 A scuola:
  • Adattare le attività alle capacità del bambino.
  • Dare istruzioni chiare e scandite.
  • Prevedere strategie di autoregolazione (pause, angoli della calma).
  • Collaborare con la famiglia e, se presente, l’insegnante di sostegno
  • collaborare con lo specialista che segue il bambino (se c’è) con strategie adeguate al suo profilo di funzionamento (magari con un’osservazione in classe)

E i compagni? Devono solo subire?

No, i compagni non devono subire, ma nemmeno isolare. È importante che anche i bambini vengano guidati nella comprensione della diversità. Attraverso un’educazione all’inclusione, possono imparare a rispettare i tempi e i bisogni dell’altro, senza però essere lasciati soli di fronte a comportamenti aggressivi o disturbanti.

Gli adulti devono:
  • Mediare e spiegare in modo semplice cosa accade.
  • Garantire che tutti i bambini si sentano al sicuro.
  • Valorizzare la cooperazione e il rispetto reciproco.

Conclusione

L’ADHD è una sfida, ma con gli strumenti giusti può essere gestita con successo. Serve alleanza tra famiglia, scuola e specialisti. E serve anche una comunità scolastica dove l’inclusione sia reale, e dove i bambini – tutti – possano crescere con rispetto, empatia e fiducia.


I contenuti di questo articolo sono presentati in modo semplice e generale. 
Per approfondimenti o informazioni specifiche, è consigliabile consultare siti specializzati o rivolgersi a professionisti del settore

I livelli di gravità nei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA)

Le norme italiane non definiscono questi livelli, ma spesso i clinici fanno riferimento alle indicazione del DSM5.

Ogni ragazzo o ragazza con DSA ha un proprio livello di gravità, che viene indicato nella diagnosi specialistica. Comprendere bene questo aspetto è importante per sapere come supportare al meglio il proprio figlio o figlia o il proprio studente/ssa, sia a scuola che a casa.

Con la nuova edizione del manuale DSM-5, sono stati identificati tre livelli di gravità nei Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Vediamoli insieme in modo semplice e chiaro:

📘 1. Livello LIEVE

In questo caso, il disturbo comporta difficoltà contenute in una o due materie scolastiche.
Con il semplice adattamento del metodo didattico (ad esempio con strumenti compensativi come mappe concettuali o l’uso di software specifici), lo studente riesce a seguire le lezioni e ad apprendere in modo efficace.
👉 È il caso di molti studenti che, grazie a un buon Piano Didattico Personalizzato (PDP), riescono a stare al passo con la classe senza particolari problemi.

<<Il disturbo comporta alcune difficoltà nelle abilità di apprendimento che coinvolgono uno o due discipline scolastiche, con difficoltà lievi che il soggetto è in grado di compensare e funzionarne adeguatamente con il semplice adattamento del metodo didattico e supporti compensativi durante la frequenza scolastica>>. (DSM-5©, APA).


📘 2. Livello MODERATO

Qui le difficoltà di apprendimento sono più marcate e coinvolgono più materie.
Senza un intervento mirato (come attività di potenziamento o un aiuto personalizzato), l’apprendimento risulta insufficiente.
👉 In questi casi è fondamentale il lavoro in sinergia tra scuola, famiglia e specialisti: il PDP da solo potrebbe non bastare, e potrebbe essere necessario un supporto più strutturato, anche a casa.

 <<Il disturbo comporta marcate difficoltà nelle abilità di apprendimento che coinvolgono uno o più discipline scolastiche. Il soggetto, in assenza di attività di recupero individualizzato, è in difficoltà con il sufficiente apprendimento durante le frequenza scolastica. Possono essere necessari alcuni adattamenti e supporti compensativi, sia a scuola che a casa, o nelle attività lavorative; ciò al fine di completare le proprie attività in modo efficiente>>. (DSM-5©, APA).


📘 3. Livello GRAVE

Si tratta della situazione più complessa. Le difficoltà sono evidenti e diffuse in molte aree scolastiche.
Anche con l’uso di strumenti compensativi e didattica personalizzata, lo studente può non riuscire a completare le attività in modo efficace.
👉 In questi casi è indispensabile un intervento intensivo e personalizzato, spesso con l’aiuto di specialisti esterni e con una stretta collaborazione tra scuola e famiglia.

<<Il disturbo comporta evidenti difficoltà nell’apprendimento, queste interessano diverse discipline scolastiche, ciò comporta che il soggetto, senza attività intensive di insegnamento specifico e individualizzato, è in forte difficoltà con il sufficiente apprendimento durante le frequenza scolastica. Nonostante l’uso di adattamenti e supporti compensativi, sia a scuola che a casa, o nelle attività lavorative, il soggetto non è in grado di completare le proprie attività in modo efficiente>>. (DSM-5©, APA).