Archivi categoria: Didattica

I Centri di Formazione Professionale (CFP) seguono le stesse normative delle scuole statali (PEI – GLO – insegnante di sostegno)?

I CFP, Centri di Formazione Professionale, CMFP nelle grandi città la "M" in più sta per "Metropolitano" e in alcune regioni denominati IeFP (o IFP) (Istruzione e Formazione Professionale).
LE SCUOLE PROFESSIONALI
I CFP sono gestiti dalla regione, non rientrano nel sistema di istruzione e non si applicano pertanto le norme sull’inclusione che valgono per le scuole statali o paritarie.
 
L’art. 17 della  Legge 104  dice che anche  loro devono accogliere gli studenti con disabilità e organizzare per loro adeguate attività di supporto, anche se non è prevista obbligatoriamente l’inclusione con docenti di sostegno.
 
Le norme che regolano l’inclusione nelle scuole (PEI, GLO ecc.) non si applicano ai CFP ma c’è da dire che in molti casi essi le seguono ugualmente, a volte non hanno il sostegno ma un educatore.
 

Mi è giunta voce  che in alcuni casi lo studente con disabilità è seguito da tutti i professori, che diventano insegnanti di sostegno e se fatta bene, è una scuola molto inclusiva, si predilige il rapporto studente professori, che rispondono direttamente su WhatsApp, i professori fanno le mappe per gli alunni, favoriscono in ogni modo l’ apprendimento.

Alcuni di essi accolgono gli studenti con disabilità in classi destinate solo a loro (con corsi specifici) come dice l’art. 17 c. 2 della L. 104/92:
«2. I corsi di formazione professionale tengono conto delle diverse capacità ed esigenze della persona con disabilità (handicappata) che, di conseguenza, è inserita in classi comuni o in corsi specifici o in corsi prelavorativi.»

Quindi la realtà dei fatti è molto disomogenea, bisogna informarsi su quelle del proprio territorio interpellando:

  • la scuola scelta
  • persone che frequentano o hanno frequentato
  • gli uffici preposti della regione.

Quanti anni si fa al Cfp?

Al termine dei 3 anni vi è conseguimento della qualifica professionale (titoli come ad es. operatore del benessere, operatore meccanico, operatore di ristorazione);

Al termine di 4 anni vi è il conseguimento del diploma professionale, che conferisce competenze di un gradino superiore (titoli come ad es. tecnico dei trattamenti estetici, tecnico per l’automazione industriale, tecnico di cucina).

Terminata la formazione quadriennale, si potrà fruire di una “passerella” verso il canale dell’istruzione e dunque vi potrà essere un eventuale 5º anno presso una scuola statale, per il conseguimento del diploma di Stato (il quale consente l’accesso all’università, a differenza di diploma e qualifica).

I Centri di Formazione Professionale, o CFP, offrono i propri corsi di formazione professionale in assolvimento dell’obbligo scolastico che, nel caso di svariate professioni, hanno una valenza uguale o superiore al diploma o alla laurea.

La differenza tra un attestato di frequenza e una qualifica professionale è fondamentale: il primo non è riconosciuto valido nel mondo del lavoro, mentre il secondo ha valore di legge.

Nel campo dell’istruzione e della formazione, la differenza tra qualifica e diploma può essere oggetto di confusione.

La qualifica professionale è un certificato che attesta la capacità di svolgere un lavoro specifico, mentre il diploma è un titolo di studio che viene rilasciato dopo aver completato un percorso di studi.

Differenza fra Didattica Individualizzata e Didattica Personalizzata

LINEE GUIDA per i DSA allegate al DL 5669/11 pag. 6-7

«Si possono quindi proporre le seguenti definizioni.
La didattica individualizzata consiste nelle attività di recupero individuale che può svolgere l’alunno per potenziare determinate abilità o per acquisire specifiche competenze, anche nell’ambito
delle strategie compensative e del metodo di studio; tali attività individualizzate possono essere realizzate nelle fasi di lavoro individuale in classe o in momenti ad esse dedicati, secondo tutte le forme di flessibilità del lavoro scolastico consentite dalla normativa vigente».

«La didattica personalizzata, invece, anche sulla base di quanto indicato nella Legge 53/2003 e nel Decreto legislativo 59/2004, calibra l’offerta didattica, e le modalità relazionali, sulla specificità ed unicità a livello personale dei bisogni educativi che caratterizzano gli alunni della classe, considerando le differenze individuali soprattutto sotto il profilo qualitativo; si può favorire, così, l’accrescimento dei punti di forza di ciascun alunno, lo sviluppo consapevole delle sue ‘preferenze’ e del suo talento. Nel rispetto degli obiettivi generali e specifici di apprendimento, la didattica personalizzata si sostanzia attraverso l’impiego di una varietà di metodologie e strategie didattiche, tali da promuovere le potenzialità e il successo formativo in ogni alunno: l’uso dei mediatori didattici (schemi, mappe concettuali, etc.), l’attenzione agli stili di apprendimento, la calibrazione degli interventi sulla base dei livelli raggiunti, nell’ottica di promuovere un apprendimento significativo.
La sinergia fra didattica individualizzata e personalizzata determina dunque, per l’alunno e lo studente con DSA, le condizioni più favorevoli per il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento».

Quindi in breve:

DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA significa stessi obiettivi della classe ma con “percorso” diverso.

DIDATTICA PERSONALIZZATA prevede obiettivi pensati per l’alunno in questione rispettando il suo profilo di funzionamento.

Comunque per i due termini la situazione è piuttosto complicata a causa di una normativa controversa, gli insegnanti non sanno bene dove mettere dei paletti fra una e l’altra, basti pensare ai ragazzi con disabilità per i quali gli obiettivi possono essere modellati sugli effettivi bisogni dello studente, si predispone un PEI Piano Didattico Individualizzato, mentre per i ragazzi con i DSA si redige un PDP Piano didattico Personalizzato.

Quindi il contrario di quanto affermato dalle linee guida…

La scuola ha proposto per nostro figlio la programmazione differenziata ma noi l’abbiamo rifiutata. Adesso lo stanno tartassando di verifiche, senza nessun adattamento: anche una verifica e due interrogazioni in uno stresso giorno. È normale?

Anche se la programmazione è ordinaria e le verifiche equipollenti, lo studente con disabilità ha diritto ad essere valutato con modalità che tengano conto dei suoi bisogni, mettendolo nella condizione di dimostrare quello che sa e sa fare senza essere penalizzato dalla sua disabilità.

Significa tempi più lunghi se ha difficoltà esecutive, prove quantitativamente ridotte se non è possibile allungare i tempi, uso di eventuali strumenti compensativi, evitando concentrazioni di verifiche e programmando le prove o dilatandole; e ancora: proporre se servono domande chiuse anziché aperte, prevedere accorgimenti per ridurre l’ansia da prestazione, ecc…

Le modalità di valutazione personalizzate vanno esplicitate bell’apposita sezione del PEI; non hanno nulla a che vedere con gli obiettivi previsti e si possono ovviamente applicare anche con programmazione ordinaria (per la Secondaria di Secondo Grado, consultare le Linee Guida a pag. 36)  la risposta data direttamente dal MIM vedere il punto 16

Linee guida allegate al Dl 182/2020 pag 37: “La prima applicazione della programmazione differenziata richiede una formale proposta del
Consiglio di classe ai genitori, che successivamente deve essere concordata con loro: essi possono rifiutarla e in questo caso saranno somministrate in tutte le discipline delle prove equipollenti, ossia
valide secondo l’ordinaria progettazione dell’indirizzo di studi frequentato, anche se andranno comunque garantite le attività di sostegno e continueranno ad essere applicate tutte le
personalizzazioni ai metodi di valutazione indicati nel riquadro 8.2.”

Programma differenziato alla scuola secondaria di secondo grado (scuola superiore)

Questo percorso non porta al diploma di scuola superiore ma a un attestato dei crediti formativi, il ragazzo in questo modo alla fine dei 5 anni avrà un attestato non spendibile nel mondo del lavoro e solo il diploma di terza media.

La programmazione differenziata non viene “assegnata” dal consiglio di classe ma  PROPOSTA alla famiglia, che può rifiutarla o accettarla, per accettarla deve firmare un documento. 

Il CdC prima di proporre un programma differenziato alla famiglia decide a maggioranza, non è richiesta nessuna unanimità.

Un solo insegnante non può costringere a passare alla programmazione differenziata, ma se si differenzia una sola materia si passa comunque ad un programma differenziato.

Se effettivamente le difficoltà di un alunno con disabilità sono concentrate in una sola materia o due, non si passerà alla differenziata: sarà sostenuto, recupererà, avrà dei debiti, nella peggiore delle ipotesi ripeterà un anno (come i compagni, del resto) ma andrà avanti negli studi e uscirà con un diploma.

La normativa di riferimento: ALLEGATO B –  Linee Guida al Dlgs 153/23 a pag. 37, in particolare (ma non solo) dove si legge:
«La prima applicazione della programmazione differenziata richiede una formale proposta del Consiglio di classe ai genitori, che successivamente deve essere concordata con loro: essi possono rifiutarla e in questo caso saranno somministrate in tutte le discipline delle prove equipollenti, ossia valide secondo l’ordinaria progettazione dell’indirizzo di studi frequentato, anche se andranno comunque garantite le attività di sostegno e continueranno ad essere applicate tutte le personalizzazioni ai metodi di valutazione». 

Nel PEI il tipo di percorso che l’alunno segue è indicato nella sezione 8, dove ci sono i tre possibili percorsi A, B o C. Il differenziato è indicato con la lettera C.

Gli obiettivi differenziati, in sintesi, sono diversi in modo sostanziale alla classe, si applicano quando a causa della sua “condizione” lo studente non è in grado di fare il percorso didattico regolare  (non è più possibile esonerare  da una materia, gli obiettivi possono solo essere ridotti all’estremo).

Lo stesso MIUR consiglia di proporre questa programmazione solo in casi “eccezionali” e dove nel ragazzo  ci sia un deficit cognitivo, infatti dal sito del Ministero (le FAQ) leggiamo: cos’è la Programmazione Differenziata?  “Nella Scuola Secondaria di Secondo Grado (Scuola Superiore) quando gli obiettivi del Piano Educativo Individualizzato sono nettamente difformi rispetto a quelli dell’ordinamento di studi della classe, la programmazione viene dichiarata differenziata e l’alunno pertanto non può conseguire il titolo di studio. Salvo situazione eccezionali, la programmazione differenziata si applica solo in caso di disabilità di tipo cognitivo” purtroppo con l’aggiornamento della pagina linkata (oggi è il13-12-24)la parte in questione è stata omessa non inserendola da nessuna parte (🤬). 

Personalizzare i metodi di valutazione, ossia individuare una modalità diversa che consenta allo studente di dimostrare quello che sa e sa fare, è fondamentale.

Se ne parla nelle stesse Linee Guida a pag. 28 allegate al Dlgs 153/23.

Tornare dal programma Differenziato a quello regolare valido per il diploma

Si può fare ma sarà piuttosto difficile in quanto:

  • il consiglio di classe deve essere favorevole a farlo rientrare (a maggioranza) la decisione non spetta più alla famiglia 
  • se il consiglio di classe non è favorevole lo studente dovrà sostenere un esame integrativo per dimostrare che è al pari (o quasi) con il resto della classe.

Dlgs 153 del 2023  art. 10-bis

La normativa parla chiaramente di una competenza del Consiglio di Classe e non del GLO.

La firma del PEI da parte della famiglia non può in nessun modo essere considerata dalla scuola come accettazione della programmazione differenziata.

Quindi per accettare il programma differenziato ci deve essere un foglio a parte con la firma dei genitori.

L’accettazione al differenziato deve essere fatto in data diversa dal GLO, in modo che ci siano tempi adeguati alla stesura del PEI (secondo le decisioni prese) e il giorno del GLO il documento sarà pronto per essere accettato e firmato da tutti i membri.

Ammettiamo il fatto che la scuola volesse fare tutto in un unico giorno per mancanza di tempo

Il consiglio di classe pensa che il ragazzo con disabilità “non ce la fa” a sostenere un programma personalizzato con prove equipollenti, quindi predispone il PEI con il percorso C (differenziato), senza prima sentire la famiglia, pensando che accettando il PEI accetterà anche il differenziato (non è così).

Il giorno del GLO non accetta il passaggio al differenziato, è suo diritto farlo non firma il PEI (anche se lo firmasse non sarebbe a norma di legge).

Il PEI preparato non va più bene.

La riunione va di conseguenza annullata in quanto SOLO il GLO può approvare il PEI che di fatto non c’è.

Nei giorni seguenti va preparato un nuovo PEI con percorso B (personalizzato) e dare appuntamento per un nuovo GLO, e tutto questo in pochi giorni in quanto non si può lasciare un ragazzo con disabilità tutto il primo quadrimestre (o trimestre) senza un PEI approvato.

Sarebbe un’inutile e assurda perdita di tempo e di risorse.

ATTENZIONE: a volte le famiglie pensano che sia sufficiente non firmare il PEI l'anno in cui si vorrebbe far tornare all'ordinario il figlio, non è così, anche se non lo si firma il PEI è valido e rimane differenziato.

Chi prepara il materiale necessario quando l’insegnante di sostegno non è presente?

Tutti gli insegnanti sono corresponsabili dell’intervento educativo verso l’alunno con disabilità: significa che tutti devono fare la loro parte, ma anche che l’insegnante di sostegno non esaurisce il proprio compito nelle ore in cui è fisicamente presente.

Come questo si concretizzi nella pratica va definito negli incontri di coordinamento.

È opportuno rileggere quello che dicono in merito le Linee Guida MIUR per l’integrazione del 2009 (pag. 18):
«È l’intera comunità scolastica che deve essere coinvolta nel processo di integrazione e non solo una figura professionale specifica a cui demandare in modo esclusivo il compito dell’integrazione. Il limite maggiore di tale impostazione risiede nel fatto che nelle ore in cui non è presente il docente per le attività di sostegno esiste il concreto rischio che per l’alunno con disabilità non vi sia la necessaria tutela in ordine al diritto allo studio. La logica deve essere invece sistemica, ovvero quella secondo cui il docente in questione è “assegnato alla classe per le attività di sostegno”, nel senso che oltre a intervenire sulla base di una preparazione specifica nelle ore in classe collabora con l’insegnante curricolare e con il Consiglio di Classe affinché l’iter formativo dell’alunno possa continuare anche in sua assenza. »

L’argomento è ripreso anche nel nuovo PEI, sezione  “8.1 Interventi educativi, strategie, strumenti nelle diverse aree disciplinari”.

Nelle Linee guida allegate al DM 182/20 modificate dal DM153/23, a pag. 31, si dice che in questa parte del PEI «È necessario esplicitare in che modo viene utilizzata la risorsa del sostegno di classe e quali azioni sono previste da parte del team docenti in assenza di tale risorsa, coerentemente con quanto riportato nella Sezione 9 – Organizzazione generale del progetto di inclusione e utilizzo delle risorse. »

In sostanza, nessuno può dire a priori a chi spetti predisporre questo materiale: se ne discute e ci si organizza di conseguenza.

Quello che NON E’ ACCETTABILE è che l’alunno rimanga senza i supporti personalizzati che gli sono necessari.