Difendere i diritti non è un atto di guerra.
È un gesto d’amore.
La scuola è — e deve restare — un’alleata nel percorso di crescita dei nostri figli.
Ma anche nei contesti migliori, può capitare di inciampare.
Malintesi, comunicazioni mancate, leggerezze.
Quando il dialogo si incrina, quando ogni tentativo di confronto fallisce allora, e solo allora, si può — con serenità — percorrere la via legale, come ultima spiaggia, non per attaccare, ma per proteggere.
Quando scatta la tutela legale?
- Quando la scuola non consegna il PDP (Piano Didattico Personalizzato).
- Quando non rispetta quanto previsto nel PDP approvato.
- Quando mancano strumenti compensativi durante verifiche o esami.
- Quando le prove non sono valide, perché somministrate senza le misure previste.
In alcuni casi, il TAR ha rigettato i ricorsi.
Ma il Consiglio di Stato ha ribaltato quelle decisioni, riconoscendo la gravità delle omissioni (sentenza n. 3880/2025).
Ha ricordato che la personalizzazione didattica non è una gentile concessione: è un diritto sancito dalla legge.
📌 Sentenze come queste hanno un valore esemplare
👉 Se le misure del PDP non vengono rispettate, lo scrutinio non è valido.
La morale?
Un PDP ignorato non è un errore formale.
È una violazione grave.
Che può compromettere l’intero anno scolastico.
Agire è un dovere.
Quando tutto il resto ha fallito, quando il dialogo è impossibile,
il rispetto dei diritti può — e deve — essere chiesto in tribunale.
Senza rabbia. Senza urla. Ma con fermezza.
Perché la legge c’è.
E tutelare i nostri figli non è un’opzione. È una responsabilità.